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TERMINATOR 2 - IL GIORNO DEL GIUDIZIO
(TERMINATOR 2: JUDGMENT DAY)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 12 gennaio 1992
 
di James Cameron, con Arnold Schwarzenegger,, Linda Hamilton (Stati Uniti, 1991)
 

Schwarzy è di ritorno: ce lo rimandano dal futuro, e non solo per far fortuna al botteghino, una volta ammortizzato il suo costo di 88 milioni di dollari . Ma per proteggere il bambino destinato un giorno a guidare la rivolta degli uomini contro le macchine che ci stanno distruggendo.

C'è una differenza, rispetto al TERMINATOR originale: non solo Schwarzy è diventato piuttosto buono, un po' come E.T., che quando se ne riparte al termine abbiamo tutti le lacrime agli occhi . Ma, soprattutto è diventato simpatico, amichevole per un fatto assai semplice ma determinante: che ce ne è uno più forte, più invincibile, più invulnerabile di lui . T-1000, inviato da quell'Erode stermina salvatori che già nel primo episodio si era dannato l'anima perché il bimbo in questione non venisse mai alla luce. Schwarzy è un simil-uomo con molte frecce al proprio arco, una super macchina che sbarca dal cielo nudo come un verme da bodybuilding, uno che la sa lunga ma è un po' tonto perché è pur sempre un prodotto umano, costretto ancora ai super pugni ed alle pistole al laser e non lontano da imparare l'uso delle lacrime. L'altro è un cyborg dell'ultima generazione, tutto metallo liquido in grado di assumere qualsiasi sembianza per semplice contatto, di rigenerarsi dopo aver subito (quasi...) ogni sorta di violenza. E che non usa i pugni poiché il suo braccio si trasforma in affilatissima lancia, non perde tempo ad abbattere i muri poiché si limita a traversarli come fossero burro. Ambedue sono praticamente inscalfibili dalle nostre misere mitragliette di umani: ma Schwarzy deve pur sempre farsi rammendare la pelle, dopo che gli hanno estratto i proiettili.

Lo schema di TERMINATOR è quello principe di molta fantascienza, scritta o filmata: un essere dell'avvenire ritorna sulla terra per impedire che il futuro si compia. Ma il futuro (o il destino, o il disegno della provvidenza, o il caso, fate poi voi) deve pur sempre compiersi: come potranno, allora, i nostri eroi, miseri ma umani, venir a capo dell'invincibilità del superman?

È tutta la fede (o anche qui, se preferite, il ricatto) nell'attributo "umano". Ed il regista ha l'intelligenza di ancorare i suoi effetti ad una dimensione ragionevolmente umana, misurabile, non astratta: la tensione del racconto nasce allora da emozioni che ci sono quotidiane, come una corsa in macchina, una cascata di botte, dei sentimenti melodrammatici. Non ha la forza, forse questa veramente marziana, di ovviare ai limiti del gigantismo cinematografico: che sono i soliti del cretinismo virile, del manicheismo ideologico e dell'infantilismo ludico - grafico. Ironico ed insolito nella prima parte, il film scade allora nella seconda in un seguito interminabile d'inseguimenti ed imboscate, prevedibili anche se ovviamente brillanti.

Ma allo stesso modo con il quale qualcuno come David Cronenberg (l'autore di LA MOSCA e INSEPARABILI) sembra affermarsi come il poeta della carne, James Cameron (e lo avevamo notato a proposito del suo film più sensibile, ABISSI) sembra essere il nuovo cantore della macchina e della sensuale attrazione per i metalli. Non sono solo ricchi gli effetti speciali di TERMINATOR 2; sono - ammesso che procedimenti del genere possano esserlo - intelligenti e affascinanti. Non sono dei "trucchi", e quindi dei falsi: ma l'espressione di una fascinazione che ha radici profonde, di una macchinazione che nei suoi momenti migliori si affida a rinvii lontani e più nobili. Le macchine, gli utensili, gli aggeggi di Cameron sono di una precisione scientifica: e da questa precisione nasce la geometria di una seduzione del tutto particolare. L'uso della tecnologia numerica gli permette degli effetti inediti e straordinari: ma non è soltanto la meraviglia a toccarci quando il cattivo cyborg si rigenera e ricompone da poche parcelle di materia. È l'inquietudine, e la poesia che - dietro all'angolo del ciarpame - sembra affiorare quasi suo malgrado."


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